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NOSTRA SIGNORA TELEVISIONE


LA STORIA

Fin dal XIX secolo si cercò, come era stato fatto con il suono, di captare questa volta un’immagine, trasmetterla e riceverla in un apparecchio.

Come tutte le grandi invenzioni ideate, copiate e perfezionate, anche la televisione é il risultato di tre grandi scoperte: la fotoelettricità (la capacità di certi corpi di trasformarsi in energia elettrica ed energia luminosa); i procedimenti di analisi della fotografia, trasformata in linee di punti chiari e scuri; e, per ultimo, le onde hertziane, utilizzate per la trasmissione dei segnali elettrici corrispondenti ad ogni punto di un’immagine. Negli anni Venti sorgono i due primi modelli di televisione, quella meccanica, e quella elettronica. La prima, basata sul disco di Nipkow, esplora l’immagine tramite un’asse luminosa che riflette in una cella fotoelettrica, producendo una corrente elettrica variabile; con questo modello nasce la prima compagnia di televisione sperimentale, in collaborazione con la British Broadcasting Corporation (BBC) di Londra, nel settembre del 1929. Da parte sua lo scienziato russo-americano Vladimir Zworykin, che lavorava per la Radio Corporation of America (RCA), impostò la sua invenzione della televisione elettronica sull’inoscopio (apparato capace di tradurre immagini in segnali elettronici), e nel 1931, piazzando un’antenna emittente sulla terrazza dell’ Empire State Building, iniziò le sue trasmissioni sperimentali.

Nonostante l’esito positivo di Zworykin, i paesi tecnologicamente più avanzati adottano invece il sistema di televisione meccanica per la qualità delle immagini, che avevano già raggiunto una definizione minima di 240 linee e 25 immagini per secondo, relegando definitivamente il sistema elettronico. La Francia, con René Barthelemy, installa la prima antenna sulla Torre Eiffel; la Germania trasmette in diretta i giochi Olimpici a Berlino nel ’36; ma e’ nel Regno Unito (1937) e negli Stati Uniti (1939) dove si verificano le prime produzioni in serie di televisori per uso domestico. Con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale gli sperimenti in materia televisiva vengono congelati; la gente ha altro cui pensare; le trasmissioni vengono sospese e i governi destinano i fondi dell’industria elettronica alle pressanti necessità belliche. Ma il vero boom della televisione si ha agli inizi degli anni Cinquanta, quando, da un limitatissimo numero di utenti, si assiste ad uno sviluppo senza precedenti. Diverse stazioni commerciali prendono la licenza e iniziano a produrre ricevitori domestici, e s’intravedono, come era già accaduto con la radio, le prime necessità di sponsorizzazione, dovute agli alti costi di produzione. La prima pubblicità televisiva americana viene trasmessa da una filiale della Nbc: si tratta di un annuncio della casa di orologi Bulova. La sperimentazione del colore e’ messa a punto nel 1953 dalla RCA, e da quel momento la televisione prende il sopravvento non solo su tutti gli altri mezzi di comunicazione, dalla stampa al cinema, ma anche sugli altri settori del tempo libero: stadi, teatri, ristoranti, bar. Inoltre grazie al lancio del primo satellite Sputnik nel 1957 gli intercambi di informazioni e di programmi si moltiplicano. Con il trascorrere degli anni, il rapporto televisione-satellite raggiunge traguardi destinati a rimanere storici. Nel luglio del ’62 il Telestar permette il primo viaggio tra Europa e Stati Uniti. L’anno dopo, il Syncom III, il primo satellite geo-stazionario, trasmette in diretta i giochi olimpici di Tokyo. Come dimenticare nel ‘69 la storica passeggiata dell’astronauta Luis Amstrong sulla luna, condivisa in tutto il mondo grazie al collegamento interplanetario? Si avvera la profezia del “villaggio globale” di Marshal Mc Luhan. Con tale metafora il primo grande studioso dei mass-media vuole significare che ormai il mondo è diventato come un villaggio primitivo, laddove le informazioni si diffondono in tempo reale. In seguito nascono le antenne paraboliche. Nel 1989 la fusione dei satelliti con Sky Channel dà il via alla seconda generazione di tecno-comunicazione e in poco tempo alla creazione di diverse piattaforme multicanali via satellite in tutti i paesi. Dal canto suo la tv via cavo ha origine nei primi anni Cinquanta in America con il proposito di trasmettere nelle località dove per questioni topografiche si rimaneva all’ombra delle onde hertziane. Oggi il mercato si diffonde per milioni tanto negli Stati Uniti come in Inghilterra, mentre in Italia non ha avuto sviluppo. Ai giorni nostri il perfezionamento dei segnali di diffusione, ci offre un nuovo scenario televisivo dai risultati mai sognati prima: la digitalizzazione, con la diffusione dell’immagine ad alta definizione e l’interattività. In sintesi si può dire che la televisione digitale terrestre permetterà, tra altre cose di: . incrementare notevolmente il numero di programmi, servizi e segnali attualmente disponibili . migliorare la qualità delle immagini e del suono tanto della trasmissione come della ricezione televisiva . stabilire servizi personalizzati e interattivi di radiodiffusione e di telecomunicazione . facilitare la convergenza tra settore audio visuale, di telecomunicazione e di informatica

L’alba del XXI secolo vede già grandi piani di migrazione della televisione analogica a quella digitale, anche se l’ambizione di questo piano esige una complessa coordinazione tra programmatori, produttori di apparecchi e operatori di rete, così come copiosi investimenti tanto da parte dell’industria, come dei teleutenti.

DI TUTTO, DI PIU'

Mezzo secolo di intrattenimento, informazione e cultura. E naturalmente pubblicità. La televisione italiana ha cinquant’anni e la validità dell’invenzione e’ innegabile; se mai si può discutere dell’uso che se ne fa. Oggi quindi uno sguardo a questo mezzo secolo, più profondo, più attento, è necessario. Dal monocanale della Rai, dai tempi eroici di “Campanile sera” e “Lascia o raddoppia”, l’apparecchio televisivo è entrato nelle case di tutti gli Italiani, a cominciare dagli anni Sessanta, quegli del boom economico. Gli anni Settanta sono stati invece quelli dell’avvento delle trasmissioni a colori. Gli anni Ottanta hanno visto la consacrazione della cosiddetta “televisione commerciale”, che, partita da singole esperienze locali, si è trasformata anche in vere e proprie catene diffuse sull’intero territorio nazionale. Oggi, quindi, l’intero sistema vede tre canali dell’ente pubblico, tre canali privati di Madiaset più, ancora, La7 e Mtv, oltre, però, soltanto in ambito locale, che variano da zona a zona, ad altre emittenti private. Oggi la televisione, col suo fluire di immagini e suoni, occupa la maggior parte del tempo delle persone, dopo il sonno e il lavoro. Occupa il tempo che i bambini impiegherebbero altrimenti usando l’immaginazione tipica che caratterizza i loro giochi; invade le generazioni di adolescenti che non la usano più come strumento comunicativo, ma come linguaggio stesso. Siamo nel terzo millennio, un millennio che vede la tecnologia a livelli mai visti; che lega la società ed ogni persona ad un filo invisibile, dove ogni cittadino si sente partecipe del mondo e dove la televisione è fonte primaria di notizie, d’informazione e di svago per tante famiglie, a tal punto di condizionarne il comportamento, le opinioni e gli atteggiamenti, spesso e particolarmente quando ci si riferisce ai giovani, i più facilmente influenzabili. Siamo partiti dagli ingenui spettacoli degli anni Cinquanta, dal successo dei grandi sceneggiati degli anni Sessanta, dal progressivo itinerario di crescita di capolavori assoluti dell’arte drammatica, quando la programmazione del palinsesto, oltre a divertire, lo spettatore, ne accresceva il senso critico, il gusto, l’educazione artistica e la formazione culturale. Abbiamo assistito alla trasformazione delle parlate locali nella lingua nazionale italiana, il modello unico, punto di arrivo di una evoluzione secolare, teorizzato da Pier Paolo Pasolini Ma siamo anche arrivati a programmi confezionati, dove tutto accade secondo un copione, alla spettacolarizzazione dei sentimenti e le emozioni altrui, alle notizie di cronaca dei telegiornali che sfruttano immagini sempre più forti, sempre più crude, che puntano al sensazionalismo . Assistiamo al trionfo delle telenovelas, che offrono ai giovani pseudo valori, concetti di rapporti sentimentali falsi, presentando edonismo, irresponsabilità, poligamia e infedeltà come qualcosa di normale, perfino scontato. Vediamo giovani che appaiono in abiti sempre più succinti, sentiamo un linguaggio sempre più scurrile, pieno di doppi sensi, ambiguo e volutamente contraddittorio....Allo stesso modo i reality show.

CONSIGLI: AGIRE ETICAMENTE

Il concetto della televisione di qualità è diventato così uno dei più dei dibattuti, specialmente per il servizio pubblico, correndo il rischio di diventare un confuso campo di coesistenza di definizioni. Paolo Bafile, vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Utenti lo propone in maniera semplice: “ Una televisione di buona qualità non dovrebbe essere nè erudita nè ‘intellettuale’, nè tanto meno ‘intellettualistica’, ma intelligente, questo sì. Non seriosa, ma quando è il caso seria. Non ridanciana, ma spiritosa, stimolante. E forse, neppure troppo culturale (l’aggettivo contiene per molti qualcosa di intimidatorio), ma colta, questo sì, cioè fatta di persone colte. Le quali, anche se scherzano o ci intrattengono piacevolmente, riescono sempre a trasmettere qualcosa di importante: idee, valori, emozioni, spunti di riflessione. Una televisione educativa, dunque? Ci contenteremmo di una tv ‘educata’: che la qualità televisiva da tutti ricercata, moderna araba fenice, stia proprio nella semplicità, nell’intelligenza, nel garbo, e soprattutto nel rispetto assoluto del telespettatore “. Semplice sì, utopica forse.

LA TV E L’EDUCAZIONE, UN BINOMIO POSSIBILE

Proprio per questo, negli ultimi anni, la scuola ha avuto un rapporto per nulla semplice con i mezzi di comunicazione: sfiducia, accusa, condanna a volte, accettazione e riconoscimento altre. Il tipico rapporto di amore-odio insomma, visto che i mezzi di comunicazione e ultimamente le nuove tecnologie hanno modificato la costruzione del sapere, il modo di imparare, le forme di conoscenza.Hanno insomma influito notevolmente sulla maniera con cui i ragazzi percepiscono la realtà e interagiscono con la essa. In una recente intervista Zygmunt Bauman, professore di sociologia e uno dei critici più attenti della società postmoderna, rivela: “...La televisione si configura come un insieme di opportunità e pericolo. Le opportunità sono tutte le informazioni sul male che riceviamo. Non facendo nulla non siamo colpevoli per nessun tribunale. La conoscenza delle cose fornisce una possibilità di risveglio morale. Il pericolo risiede nella difficoltà connessa all’agire. Agire eticamente comporta il sacrificio, da parte dell’uomo, di un interesse. E oggi, per la prima volta nella storia, siamo in una tale condizione di interdipendenza agli uni dagli altri in cui la richiesta di eticità e l’interesse di sopravvivenza vanno nella stessa dipendenza. Solo in questo modo potremo recitare un ruolo da attori morali e consapevoli”. L’uomo, la famiglia, i valori, la formazione della propria identità sono condizionati dal sistema di comunicazione globale cui oggi nessuno e’ in grado di sfuggire e che richiede nuove capacità critiche riguardo ai diritti della persona , della famiglia, della gioventù e, in particolare, nella tutela dei minori. Non si tratta né di condannare, né di idealizzare, bensì di analizzare, esplorare, conoscere e comprendere ciò che i mezzi di comunicazione rappresentano come realtà quotidiana. La sfida, dunque, e’una sfida morale; la televisione ci può offrire meravigliose condizioni di crescita e di miglioramento, può cambiare, e cambiando, raccontare la nostra storia.

I PERICOLI PER I MINORI

Per quanto riguarda i pericoli per i minori, si può partire da una recente ricerca americana secondo cui ogni ora in più davanti al televisore fa aumentare del 10% il rischio che il bambino denoti una capacità ridotta di attenzione e concentrazione nella pratica scolastica. Ma le ricerche scientifiche sono numerose, spesso in contraddizione e comunque non univoche. A volte cadiamo addirittura nella ovvietà. C’è bisogno di una ricerca scientifica per concludere che un bambino che stia ore e ore davanti al televisore diventa obeso? Comunque è chiaro che una prolungata visione dei programmi televisivi produce effetti rilevanti e negativi. Basta l’osservazione e la riflessione quotidiana per arrivare alle stesse conclusioni su cui concorda la letteratura scientifica che abbiamo a disposizione. I bambini diventano obesi perché stando davanti il televisore rimangono fermi e mangiano un po’ di tutto. Un minore diventa di norma più aggressivo perché guardando la tv si isola e quindi ha rapporti sociali più difficili e si abitua meno facilmente a stare con gli altri. Inoltre i ragazzi sono condizionati dagli spot pubblicitari: tendono a imitare le figure di prestigio, imparano presto a desiderare oggetti e vestiti firmati. Il modello proposto dalla televisione porta fin da piccoli alla logica dell’ “avere” invece che a quella dell’ “essere”, quindi le scelte sono condizionate dagli impulsi consumistici. In maniera uguale e contraria, cioè prescindendo dal messaggio proposto, c’è però da dire che è scientificamente provato che la pubblicità sviluppa più precocemente la memoria visiva e la memoria associativa dei bambini. Ancora, se il bambino guardando molto la tv si sofferma meno a riflettere e meno a meditare, però sviluppa il linguaggio intuitivo, cioè la capacità di associare velocemente immagini e concetti. Insomma, le ore passate davanti al televisore e alle sue immagini veloci aiutano il bambino a ragionare in e per un mondo multimediale e informatizzato (cioè, quello che, piaccia o non piaccia, è il nostro mondo di oggi). Dovendo arrivare a delle conclusione per i genitori, il consiglio è innanzi tutto di non drammatizzare. Possiamo tranquillamente lasciare i nostri bambini soli davanti a televisore durante le fasce protette, senza esagerare e senza con ciò prepararlo o predisporlo a diventare un video dipendente. Una o due ore al massimo, sottolineiamo nelle fasce protette, sono una pratica accettabile. Allo stesso modo diventano comunque pericolosi periodi più lunghi, per le ragioni che abbiamo ricordato prima e che sono facilmente comprensibili. Invece bisognerebbe evitare di lasciare il minore solo davanti alla tv nelle altre fasce. La compagnia del genitore diventa in questi casi indispensabile a orientare le scelte, anche semplicemente discutendo le scene e/o i programmi visti insieme. Più che censure o rigide indicazioni, l’educazione a scelte responsabili passa attraverso il dialogo e il confronto: piano piano il minore sarà portato gradualmente a vagliare in maniera autonoma la complessa e composita galassia delle proposte televisive e ad operare scelte che saranno anche, oltre che di divertimento, di riflessione e di cultura.



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